Introduzione: Idea, cammino, elevazione
L’escursionismo platonico nasce dal tentativo di tradurre gli assunti cardine del platonismo – la ricerca delle Idee pure, la distinzione tra realtà sensibile e intellegibile, la tensione dialettica tra apparenza e verità – in una pratica del camminare. Se nel pensiero di Platone la meta ultima è la contemplazione del Bene e delle Forme perfette, nella variante escursionistica questo si traduce nella ricerca di un “sentiero ideale”. Il camminatore platonico non si accontenta del semplice giro panoramico: vuole trascendere l’apparenza del bosco, del prato, della montagna, per arrivare a cogliere l’essenza immutabile che sta dietro alle forme cangianti della natura.
L’immagine chiave è quella di un itinerario che si snoda tra due dimensioni: da un lato il paesaggio concreto, con i suoi profumi, i suoni, i colori effimeri; dall’altro, la dimensione archetipica, in cui l’escursione diventa metafora della salita dell’anima verso una comprensione superiore. Chi pratica l’escursionismo platonico è un viandante-filosofo, che non cerca solo l’esperienza sensoriale, ma la usa come trampolino per lanciarsi nel mondo delle Idee.
Platonismo in pillole: il mondo delle Idee e il mondo sensibile

Un breve ripasso: il platonismo si fonda sulla distinzione tra due livelli di realtà. Il primo è quello sensibile, mutevole, accessibile ai sensi, ma ingannatore. Il secondo è quello intellegibile, stabile, eterno, accessibile solo alla ragione. Nel mondo intellegibile risiedono le Forme o Idee: modelli perfetti e immutabili di cui le cose del mondo sensibile sono copie imperfette.
Applicando questa teoria all’escursionismo, potremmo dire che la foresta, la vallata, la vetta innevata che vediamo con i nostri occhi non sono che rappresentazioni imperfette di un “paesaggio ideale”. L’escursionista platonico, pur godendo del panorama, sa che dietro a quelle forme c’è un’Idea di Montagna, di Bosco, di Fiume, di Prato: una verità più profonda, invisibile, ma più reale. La sua camminata è un tentativo di avvicinarsi a questa Idea, di intuirne la forma pura, non corrotta dal divenire.
L’allegoria della caverna applicata all’escursionismo
Nella famosa allegoria della caverna, Platone descrive un gruppo di uomini incatenati che vedono solo ombre proiettate sulla parete. Uno di loro si libera, esce dalla caverna, scopre la luce del sole e la vera natura delle cose. L’escursionismo platonico può essere letto come una metafora simile: l’uomo comune, immerso nella quotidianità, vede solo le “ombre” della natura: paesaggi belli ma effimeri, condizionati dall’umore, dalla luce del giorno, dal meteo. L’escursionista platonico, invece, è colui che abbandona la caverna dell’apparenza.
Cosa significa, in pratica, “uscire dalla caverna” mentre si cammina nella natura? Vuol dire non fermarsi all’impressione superficiale di un panorama: la bellezza di un lago incastonato tra le montagne non è soltanto un insieme di forme e colori che colpiscono la retina; è anche un simbolo, una traccia visibile di un principio armonico più alto. Quando l’escursionista platonico contempla il paesaggio, cerca di coglierne l’essenza, la struttura ideale, la logica interna che lo rende coerente e significativo. In altre parole, la natura diventa un ponte verso il mondo delle Idee: la cascata non è solo acqua che cade, ma l’immagine sensibile di una “Idea di flusso” o di bellezza dinamica; la foresta non è solo un groviglio di alberi, ma il riflesso di un ordine superiore, in cui ogni pianta incarna la propria forma ideale.
L’esperienza dell’escursionismo platonico: pratica e dimensione interiore
Come si traduce tutto ciò in un’esperienza pratica? Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, l’escursionismo platonico non richiede un approccio snob o elitario. Non si tratta di rifiutare la sensorialità, anzi: per Platone, i sensi non vanno disprezzati, ma interpretati. Il corpo e i sensi sono strumenti, non ostacoli. Il segreto sta nell’usare la percezione per andare oltre il dato sensibile.
L’escursionista platonico:
- Pianifica il percorso non solo in base alla difficoltà o alla fama della meta, ma cercando itinerari che suggeriscano un certo ordine, una certa armonia. Un sentiero che gradualmente sale, offrendo scorci sempre più ampi, può ricordare la progressione dell’anima verso la comprensione.
- Durante la camminata, osserva con attenzione i particolari: le venature delle foglie, la disposizione dei sassi sul sentiero, l’inclinazione dei raggi del sole. Ogni dettaglio può essere letto come un segno, una lettera di un alfabeto cosmico che rimanda a una verità più grande.
- Fa pause di contemplazione: non si limita a camminare con il solo scopo di “arrivare in vetta”, ma sosta, ascolta il silenzio, lascia che la mente si svuoti delle distrazioni per accogliere un’intuizione più profonda.
- Integra l’esperienza sensoriale con la riflessione. Magari alla fine della giornata, seduto su un masso o su un prato, l’escursionista platonico rielabora mentalmente quanto vissuto, cercando di estrarre un “significato” dall’esperienza. Se l’escursionismo epicureo invita al godimento del momento presente e quello stoico alla resistenza, quello platonico punta alla comprensione dell’essenza, al riconoscimento di un ordine ideale.
Le virtù del camminatore platonico: la ragione come guida
Platone assegna alla ragione, all’intelletto, un ruolo guida. Nella Repubblica descrive l’anima come un carro trainato da due cavalli: uno rappresenta le passioni e i desideri bassi, l’altro l’ardore nobile, e il cocchiere è la ragione, che deve mantenere l’equilibrio. Nell’escursionismo platonico la ragione è la bussola interiore: non si limita a scegliere il percorso più logico, ma orienta il camminatore verso una lettura profonda dell’esperienza.
Questa “ragione escursionistica” non è fredda analisi, ma una forma di intelletto sensibile al bello e al giusto. È una luce interiore che permette all’escursionista di non perdersi nelle apparenze, di non farsi travolgere dai dettagli insignificanti, ma di cogliere l’insieme armonico. Non è un caso che Platone metta al vertice della sua gerarchia ontologica l’Idea del Bene: l’escursionismo platonico, in fondo, cerca un bene intellettuale, una forma di bellezza pura. Il bello, il vero e il bene, nella prospettiva platonica, coincidono: un paesaggio armonioso non è solo piacevole da vedere, è anche un segno di un ordine buono e vero, un riflesso di un principio universale.
Il “sentiero ideale”: dal concreto all’archetipo
L’archetipo del sentiero perfetto, nella mente dell’escursionista platonico, esiste da qualche parte nel mondo delle Idee. Nessun sentiero concreto lo eguaglierà mai in perfezione, ma alcuni potranno avvicinarsi più di altri. Quali caratteristiche dovrebbe avere questo sentiero ideale?
- Armonia nel dislivello: la salita non dovrebbe essere né troppo ripida né troppo monotona, ma giustamente calibrata, quasi a suggerire una progressione graduale della conoscenza.
- Equilibrio tra luce e ombra: non un’esposizione brutale e costante al sole, né un’ombra perenne. Il passaggio alternato tra zone luminose e penombre richiama la dialettica tra ignoranza e sapienza, tra il conosciuto e il non conosciuto.
- Varietà nella continuità: il paesaggio varia, ma non in modo caotico. Vi è una progressione che conduce da luoghi più semplici a panorami più complessi e vasti, come se ogni tratto del cammino offrisse un gradino nella scala dell’intellegibile.
- Presenza di elementi simbolici: una fonte d’acqua pura potrebbe rappresentare la chiarezza dell’intelletto, una roccia dalle forme geometriche la presenza di un ordine immanente, un albero solitario in cima a una radura il segno di una meta raggiungibile.
Ovviamente, nessun sentiero reale rispecchierà perfettamente questo ideale. Tuttavia, l’escursionista platonico non si scoraggia: sa che il mondo sensibile è solo un’imitazione, e accetta la sfida di cogliere, tra le imperfezioni, le tracce dell’ordine superiore.
Il ruolo della contemplazione e del dialogo
Platone era un filosofo del dialogo. Le sue opere sono scritte in forma di dialogo, e la conoscenza si raggiunge attraverso il confronto dialettico. Anche l’escursionismo platonico può includere un aspetto dialogico: i compagni di cammino non sono solo “colleghi” di escursione, ma interlocutori filosofici con cui commentare il paesaggio, riflettere sulla sua essenza, porre domande sul significato del viaggio.
In questo senso, una passeggiata platonica non è mai soltanto un monologo interiore: è un percorso comune verso l’intellegibile, una piccola Accademia itinerante. Ci si ferma a ragionare sull’idea di bosco: cos’è l’essenza del bosco? È solo un insieme di alberi o c’è una forma, un concetto di “boschetto ideale” che trascende gli esemplari particolari? Ci si chiede se la bellezza della montagna sia oggettiva o soggettiva, se esista un’Idea di Bellezza assoluta.
Questo approccio all’escursionismo, ben lontano dalla superficialità, trasforma il camminare in una vera e propria pratica filosofica, dove l’atto fisico del procedere diventa metafora del procedere dell’anima verso il sapere.
Benefici e limiti dell’escursionismo platonico
Quali sono i benefici di un simile approccio?
- Profondità dell’esperienza: La natura non è più solo un contesto piacevole o un allenamento fisico, ma un mondo carico di significati da esplorare.
- Crescita interiore: Sforzandosi di cogliere l’essenza dietro le apparenze, l’escursionista si esercita alla riflessione, all’attenzione, alla concentrazione.
- Armonizzazione sensi-ragione: Non si tratta di negare i sensi, ma di utilizzarli come punto di partenza per un volo più alto della mente.
Tuttavia, ci sono anche dei limiti da considerare:
- Astrazione eccessiva: Un eccesso di idealismo può distaccare eccessivamente dal qui e ora, rischiando di far perdere la gioia della semplice osservazione. Alla fine, anche Platone riconosceva l’importanza della mediazione tra sensibile e intellegibile.
- Difficoltà comunicativa: Non tutti i compagni di escursione saranno disposti a intraprendere lunghe disquisizioni sulla natura dell’Idea di montagna. È necessario un contesto adatto e interlocutori interessati.
Conclusione: la natura come dialettica tra apparenza e Idea
L’escursionismo platonico invita a considerare il mondo naturale come una soglia: dietro l’apparenza c’è una realtà più alta, dietro la varietà sensibile c’è un ordine intellegibile. Camminare non è soltanto spostarsi nello spazio, ma avvicinarsi passo dopo passo a una comprensione più profonda. È un percorso di ascesa: dalle ombre del fondovalle, dove le forme sono confuse, alle vette illuminate, dove l’anima può intuire, anche solo per un istante, la perfetta Idea che sottende il creato.
In un’epoca spesso dominata dal consumo rapido di esperienze, l’escursionismo platonico offre una via diversa: un ritorno alla lentezza, alla contemplazione, alla ricerca del significato dietro l’apparenza. Non occorre essere filosofi professionisti per approcciarsi così alla montagna o al bosco; basta una certa disponibilità all’ascolto, una curiosità verso l’invisibile, la volontà di credere che ciò che vediamo non esaurisce ciò che esiste.
In definitiva, l’escursionismo platonico non è solo un modo di camminare nella natura, ma un modo di pensarla: come specchio imperfetto di una perfezione invisibile, come invito a salire la scala della conoscenza, come occasione di trasformare la passeggiata in esperienza intellettuale e spirituale, un passo alla volta.
[Immagine di copertina: L’Accademia di Platone, mosaico romano (Pompei)]