Escursionismo aristotelico (Aristotelismo)

Introduzione: il contesto filosofico

Aristotele (384-322 a.C.) è stato uno dei più grandi filosofi dell’antichità, allievo di Platone ma al tempo stesso critico e innovatore rispetto all’insegnamento del maestro. Se Platone aveva collocato al centro del suo pensiero il mondo delle Idee, invisibili e perfette, per Aristotele la conoscenza nasce principalmente dall’osservazione e dallo studio della realtà concreta. Il filosofo di Stagira era convinto che la verità si potesse avvicinare analizzando il mondo sensibile, classificandone i fenomeni, cercando di cogliere le cause, le finalità e le relazioni tra gli enti.

Aristotele

Nel suo approccio, Aristotele si interessava di tutto: dalla metafisica alla biologia, dalla logica all’etica, dalla politica all’estetica. La sua filosofia è realista, empirica, orientata all’osservazione diretta. In campo etico, Aristotele è noto per la teoria della virtù come “giusto mezzo” tra due estremi, e per la ricerca della “eudaimonia”, intesa come fioritura armonica dell’essere umano. L’uomo virtuoso non eccede né difetta, ma trova la misura, guidato dalla ragione e dall’esperienza.

Applicare l’approccio aristotelico all’escursionismo significa immaginare un modo di camminare nella natura che coniughi l’osservazione empirica del paesaggio con una riflessione etica sul proprio comportamento, la ricerca di equilibrio tra sfida e facilità, l’attenzione classificatoria nei confronti della fauna e della flora e, soprattutto, la tensione verso un benessere integrale, non ridotto al mero piacere sensoriale, ma orientato alla crescita interiore.

Le radici aristoteliche: osservazione ed esperienza

Una delle caratteristiche principali dell’approccio aristotelico è l’enfasi sull’osservazione diretta. Se Platone invitava a distogliere lo sguardo dal mondo sensibile per contemplare le Idee pure, Aristotele invitava a guardare la natura, a studiarne i fenomeni, a ricavare principi generali dai casi particolari. L’escursionista aristotelico, ispirato da questo metodo, non cammina semplicemente per svago: porta con sé una curiosità vivace e un atteggiamento empatico verso il contesto naturale.

Questo significa prestare attenzione ai dettagli: osservare le forme delle foglie, i comportamenti degli animali, la composizione del suolo, le variazioni della luce, il canto degli uccelli, la distribuzione delle specie vegetali a diverse altitudini. Ogni fenomeno diventa un dato empirico da cui trarre conoscenza. L’escursionista aristotelico potrebbe portare un taccuino per annotare le proprie osservazioni, magari una guida botanica o ornitologica, così da poter attribuire un nome alle creature incontrate. Questo non per puro spirito catalogatorio, ma per capire meglio l’ambiente e riconoscere le relazioni tra gli elementi del paesaggio.

Il giusto mezzo sul sentiero

Aristotele è famoso per la sua etica delle virtù, basata sulla ricerca del giusto mezzo (mesòtes) tra due opposti difettivi ed eccessivi. Il coraggio, ad esempio, è una virtù che si colloca tra la codardia (difetto) e la temerarietà (eccesso). Analogamente, l’escursionista aristotelico non vuole una passeggiata banale e priva di stimoli, né un’avventura estrema e pericolosa. Cerca piuttosto un itinerario che lo metta alla prova senza metterlo in serio pericolo, una camminata che solleciti il corpo e la mente ma senza sfinirli.

Questo principio del giusto mezzo applicato all’escursionismo riguarda la scelta del percorso, la durata e la difficoltà. Invece di spingersi su un sentiero impraticabile o, al contrario, camminare solo su una strada asfaltata, l’escursionista aristotelico si impegna a cercare un itinerario di media difficoltà, adeguato alle proprie capacità, in grado di generare crescita personale. Nel tempo, potrà aumentare la sfida, ma senza mai scadere nell’eccesso, mantenendo un equilibrio tra le proprie forze e gli obiettivi.

Eudaimonia del camminare: tra corpo, mente e spirito

Aristotele definisce la “eudaimonia” come la felicità intesa non come un mero piacere momentaneo, ma come una fioritura piena dell’essere umano, la realizzazione delle proprie potenzialità attraverso la virtù e la ragione. L’escursionismo aristotelico può essere considerato un mezzo per perseguire questa eudaimonia. Camminare nella natura, infatti, non è soltanto un esercizio fisico o un passatempo: è un’esperienza integrale che coinvolge corpo, mente e spirito.

  • Corpo: L’attività fisica dell’escursione migliora la salute, aumenta la resistenza, ossigena i muscoli, riduce lo stress, favorisce il benessere generale. Per Aristotele, l’uomo è un animale razionale che ha un corpo con esigenze precise. Prendersene cura fa parte della virtù, perché un corpo sano sostiene meglio le attività della mente.
  • Mente: L’osservazione e la riflessione sul paesaggio stimolano l’intelletto. L’escursionista aristotelico non cammina a testa bassa, isolato dai suoi pensieri, ma interagisce con l’ambiente, formulando ipotesi, cercando spiegazioni, identificando cause ed effetti. Questa attività intellettuale arricchisce la mente, trasforma l’escursione in un laboratorio naturale di conoscenza.
  • Spirito (o dimensione interiore): Anche la dimensione etica e spirituale è coinvolta. L’escursionista aristotelico non si limita a osservare, ma si interroga sul proprio posto nel mondo, sul rapporto con la natura, sulla responsabilità di preservare l’ambiente, sulla misura del proprio agire. Cercare il giusto mezzo non vale solo per la difficoltà del percorso, ma anche per il proprio comportamento: non consumare in modo eccessivo, non disturbare inutilmente gli animali, non lasciare rifiuti, trattare il contesto naturale con rispetto e ammirazione.

Classificazione e conoscenza del mondo naturale

Aristotele fu uno dei primi grandi naturalisti dell’antichità. Classificò piante e animali, studiò le loro caratteristiche, tentò di comprendere le leggi sottese ai fenomeni biologici. L’escursionista aristotelico può ispirarsi a questa eredità, trasformando la camminata in una sorta di “indagine sul campo”. Senza la pretesa di essere scienziati professionisti, si può comunque affinare la capacità di riconoscere gli elementi della biodiversità locale.

Identificare i vari tipi di alberi, distinguere tra conifere e latifoglie, scoprire quali specie animali vivono nella zona, capire i meccanismi di adattamento di piante e animali all’ambiente montano o collinare: tutto ciò rende l’escursione un’esperienza di apprendimento continuo. Non si tratta di nozionismo fine a se stesso, ma di un esercizio di osservazione vigile e curiosa, che arricchisce la comprensione del mondo e, con essa, la propria vita interiore.

Teleologia e finalità nell’escursione

Aristotele interpretava la natura in chiave teleologica, ossia individuava finalità insite negli enti naturali. Ogni essere vivente tende a realizzare la propria forma, il proprio “telos”, la propria finalità intrinseca. L’escursionista aristotelico, in questa chiave, potrebbe chiedersi: qual è il fine del camminare nella natura? Non è un semplice passatempo, ma piuttosto la realizzazione di uno scopo che coinvolge la crescita personale, la contemplazione del mondo naturale, l’affinamento delle virtù.

L’obiettivo non è solo arrivare a destinazione, ma camminare in modo significativo. Il fine non è soltanto il panorama finale, ma il percorso stesso, inteso come processo di comprensione e affinamento della propria persona. Il telos dell’escursionista aristotelico è la eudaimonia conquistata passo dopo passo: una felicità durevole fondata sull’esercizio della ragione, dell’equilibrio, della conoscenza e della virtù.

Relazione con gli altri e con la comunità

Aristotele considerava l’uomo un “animale politico”, destinato a vivere in una comunità. Anche nell’escursione, pur svolta talvolta in solitudine, si può riflettere sulla dimensione sociale. Camminare in gruppo, ad esempio, offre l’occasione di esercitare virtù come la giustizia (rispettare i turni, non imporre il proprio ritmo agli altri), la generosità (offrire acqua o cibo a chi ne ha bisogno), la pazienza (aspettare i più lenti), l’amicizia (dialogare, condividere interessi, gioie e fatiche).

L’escursionismo aristotelico non è quindi un’esperienza meramente individuale. Pur valorizzando l’osservazione personale e la crescita interiore, non dimentica la dimensione comunitaria. È la ricerca del ben vivere insieme, del creare situazioni in cui la virtù diventi contagiosa, un esempio per i compagni di cammino. In questo senso, l’escursione diventa un piccolo microcosmo della vita civile: un’occasione per mettere in pratica i princìpi dell’etica aristotelica nella dimensione sociale.

Il paesaggio come forma e materia: la metafisica del camminare

Aristotele, nella sua metafisica, introdusse la distinzione tra materia e forma. Ogni ente è composto di materia (il substrato) e forma (il principio che lo rende ciò che è). Nell’escursione, si può metaforicamente trasporre questo concetto: il paesaggio è “materia” grezza, ricca di particolari, vari elementi naturali. L’escursionista, con il suo sguardo ordinatore, la sua mente razionale, dona al paesaggio una “forma” interpretativa. Riconosce pattern, classifica, attribuisce significato.

Allo stesso modo, la propria esperienza di cammino è materia (le sensazioni fisiche, le immagini, i suoni) che la mente Aristotelica modella in una forma sensata. Non si riduce a vagare senza criterio, ma dà un ordine, una struttura: sceglie un percorso in base a certe finalità, osserva con un metodo (prima la flora, poi la fauna, poi le caratteristiche geologiche), assegna un significato etico e cognitivo all’esperienza.

Conclusione: un modello di escursionismo per l’oggi

L’escursionismo aristotelico, come descritto in queste pagine, è ovviamente un modello ideale, una metafora filosofica. Nel contesto contemporaneo, rappresenta un invito a un approccio colto, equilibrato e virtuoso al rapporto con la natura. Mentre viviamo in un’epoca in cui spesso l’escursione viene intesa come puro esercizio sportivo, o come semplice evasione estetica, l’approccio aristotelico propone un cammino più ricco e sfaccettato.

Si tratta di coltivare la conoscenza e la virtù lungo il sentiero, di armonizzare corpo e mente, di cercare un equilibrio tra la sfida fisica e la sicurezza, di rispettare la natura come fonte di dati e lezioni, non come semplice scenario. È un’idea di escursionismo che ridà al camminare un carattere filosofico, vicino all’antico ideale greco di paideia: la formazione integrale della persona.

Così, chi intraprende un’escursione ispirandosi ad Aristotele, troverà nel bosco non solo alberi, ma categorie, cause, essenze, relazioni; troverà non soltanto fatica o piacere, ma virtù in azione; non soltanto un fine ricreativo, ma un telos esistenziale. In definitiva, l’escursionismo aristotelico è una via per la eudaimonia, scandita dal ritmo dei passi sulla terra, dal suono del vento tra le foglie e dal lume della ragione che illumina ogni incontro con il mondo.


Contributi precedenti:
  1. Escursionismo pitagorico (Scuola pitagorica)
  2. Escursionismo platonico (Platonismo)

Ultimi articoli

FIEmaps, sentieri e cammini con l’app FIE

Sentieri e Cammini sono un «patrimonio culturale» che non può e non deve andare perduto: possono essere un potente motore di sviluppo economico alternativo e

Concepire, organizzare e condurre una escursione

L’escursionismo non è una scienza esatta. Trattasi di un’attività con persone e, di solito, all’aperto. Potremmo dire che un’escursione in natura, come quelle organizzate dalla